Sentenza n. 72 del 2022

SENTENZA N. 72

ANNO 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Giuliano AMATO

Giudici: Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 76 del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, recante «Codice del Terzo settore, a norma dell’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106», promosso dal Consiglio di Stato, sezione terza, nel procedimento vertente tra la Fondazione Catis, fondazione di partecipazione sociale onlus, e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e altri, con ordinanza del 9 novembre 2020, iscritta al n. 69 del registro ordinanze 2021 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 21, prima serie speciale, dell’anno 2021.

Visti l’atto di costituzione della Fondazione Catis, nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 23 febbraio 2022 il Giudice relatore Luca Antonini;

uditi l’avvocato Renzo Cuonzo per la Fondazione Catis e l’avvocato dello Stato Pietro Garofoli per il Presidente del Consiglio dei ministri;

deliberato nella camera di consiglio del 23 febbraio 2022.

Ritenuto in fatto

1.– Con ordinanza del 9 novembre 2020 (reg. ord. n. 69 del 2021), il Consiglio di Stato, sezione terza, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 76 del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, recante «Codice del Terzo settore, a norma dell’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106», in riferimento complessivamente agli artt. 2, 3, 4, 9, 18, 76 e 118, quarto comma, della Costituzione, nella parte in cui riserva alle organizzazioni di volontariato (d’ora in avanti: ODV) i contributi per l’acquisto di autoambulanze, di autoveicoli per attività sanitarie e di beni strumentali, escludendo gli altri enti del Terzo settore (d’ora in avanti: ETS) svolgenti le medesime attività di interesse generale.

Riferisce il rimettente che nel giudizio a quo la Fondazione Catis, organizzazione non lucrativa di utilità sociale (onlus), ha impugnato il decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali 16 novembre 2017 (Modalità per l’attuazione del contributo per l’acquisto di autoambulanze, autoveicoli per attività sanitarie e beni strumentali da parte di organizzazioni di volontariato) e gli atti del procedimento di erogazione del contributo per l’annualità 2017 – le linee guida per la presentazione delle domande e la nota recante «Questioni di diritto transitorio. Prime indicazioni», adottate con provvedimenti del direttore generale del citato Ministero, rispettivamente del 22 e del 29 dicembre 2017 – lamentandone l’effetto escludente, per la stessa ricorrente, dalla possibilità di accedere al beneficio economico.

Aggiunge poi che il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha accolto il ricorso limitatamente alla preclusione al contributo per gli acquisti effettuati nell’anno 2017, prima dell’entrata in vigore del codice del Terzo settore, rilevando che la disciplina ratione temporis applicabile consentiva l’accesso ai benefici anche alle onlus; invece, quanto alle ulteriori doglianze riferite al d.m. 16 novembre 2017, il giudice di primo grado ha ritenuto che il sopravvenuto art. 76 cod. terzo settore, pur restringendo il contributo alle sole ODV, non contrasterebbe con le norme costituzionali indicate dalla ricorrente, con ciò valutando manifestamente infondate le prospettate questioni di legittimità costituzionale. Con l’appello principale la Fondazione Catis ha pertanto riproposto queste specifiche censure, chiedendo la riforma in parte qua della sentenza del TAR, mentre l’amministrazione resistente, con appello incidentale, ha contestato la motivazione dell’accoglimento parziale.

1.1.– Ad avviso del rimettente, il thema decidendum del giudizio innanzi a sé si concentrerebbe sulle questioni di legittimità costituzionale prospettate dall’appellante principale, che avrebbero «carattere prioritario» rispetto a quella, pure dalla stessa dedotta, di illegittimità comunitaria con riferimento alla possibile incidenza della normativa nazionale sui principi di libera concorrenza.

Le prime sarebbero rilevanti sia «poiché la norma sospettata di illegittimità costituzionale rappresent[erebbe] l’unica base giuridica dei provvedimenti censurati», sia perché, in caso di fondatezza delle stesse, l’appello incidentale diventerebbe inammissibile o improcedibile «per difetto di interesse».

1.2.– Quanto alla non manifesta infondatezza delle questioni sollevate, l’ordinanza ricostruisce il quadro normativo pertinente ricordando che, prima dell’adozione del cod. terzo settore, alcuni tipi di enti – tra essi, le organizzazioni di volontariato di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266 (Legge-quadro sul volontariato) – erano destinatari di una specifica disciplina organica e che con il decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460 (Riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale) erano stati regolati soltanto aspetti peculiari, quali il trattamento fiscale. Richiama poi l’art. 96, comma 1, della legge 21 novembre 2000, n. 342 (Misure in materia fiscale), che ha introdotto un contributo per l’acquisto di ambulanze riconosciuto tanto in favore delle ODV, quanto delle onlus.

Tale disposizione, insieme alle altre che prevedevano misure di sostegno finanziario, sarebbe stata abrogata dalla disciplina introdotta dal cod. terzo settore, volta a razionalizzare e rendere trasparente l’insieme dei vantaggi economici attribuiti agli ETS.

In particolare, l’art. 73 del citato codice ha disposto, al comma 1, a decorrere dall’anno 2017, il trasferimento delle risorse finanziarie del Fondo nazionale per le politiche sociali, destinate alla copertura degli oneri relativi agli interventi in materia di Terzo settore di competenza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali – tra i quali quelli di cui al richiamato art. 96, comma 1 – «per le medesime finalità, su un apposito capitolo di spesa iscritto nello stato di previsione» di tale Ministero. Al successivo comma 2 ha rimesso a uno o più atti di indirizzo della citata amministrazione di determinare annualmente, «nei limiti delle risorse complessivamente disponibili, gli obiettivi generali, le aree prioritarie di intervento, le linee di attività finanziabili e la destinazione delle risorse di cui al comma 1 per le seguenti finalità:

  1. a) sostegno alle attività delle organizzazioni di volontariato;
  2. b) sostegno alle attività delle associazioni di promozione sociale;
  3. c) contributi per l’acquisto di autoambulanze, autoveicoli per attività sanitarie e beni strumentali».

Il censurato art. 76, inoltre, dispone che:

«1. Le risorse di cui all’articolo 73, comma 2, lettera c), sono destinate a sostenere l’attività di interesse generale delle organizzazioni di volontariato attraverso l’erogazione di contributi per l’acquisto, da parte delle medesime, di autoambulanze, autoveicoli per attività sanitarie e di beni strumentali, utilizzati direttamente ed esclusivamente per attività di interesse generale, che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diverse utilizzazioni senza radicali trasformazioni, nonché per la donazione dei beni ivi indicati nei confronti delle strutture sanitarie pubbliche da parte delle organizzazioni di volontariato e delle fondazioni.

  1. Per l’acquisto di autoambulanze e di beni mobili iscritti in pubblici registri destinati ad attività antincendio da parte dei vigili del fuoco volontari, in alternativa a quanto disposto al comma 1, le organizzazioni di volontariato possono conseguire il predetto contributo nella misura corrispondente all’aliquota IVA del prezzo complessivo di acquisto, mediante corrispondente riduzione del medesimo prezzo praticata dal venditore. Il venditore recupera le somme corrispondenti alla riduzione praticata mediante compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.
  2. Per le organizzazioni di volontariato aderenti alle reti associative di cui all’articolo 41, comma 2, la richiesta e l’erogazione dei contributi di cui al comma 1 deve avvenire per il tramite delle reti medesime.
  3. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali sono stabilite le modalità per l’attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo».

Alla luce dell’inequivoco testo dell’art. 76, l’ordinanza di rimessione conclude che il beneficio economico ivi previsto sarebbe «riservato esclusivamente alle organizzazioni di volontariato e non si [potrebbe] estendere ad altri enti del Terzo settore, nemmeno attraverso un’interpretazione costituzionalmente orientata»; alle fondazioni, e non agli altri ETS, il contributo spetterebbe soltanto nella limitata ipotesi considerata nell’ultima parte del comma 1.

1.2.1.– Ciò premesso, il giudice a quo osserva che, se alla valutazione politica del legislatore spetta individuare i soggetti ritenuti meritevoli di determinate provvidenze economiche, l’esercizio di tale funzione non potrebbe oltrepassare i limiti della ragionevolezza e della proporzionalità. L’art. 3 Cost. richiederebbe, infatti, di verificare la correlazione tra la delimitazione soggettiva dei destinatari di una provvidenza patrimoniale e la sua connotazione oggettiva (è richiamata la sentenza di questa Corte n. 44 del 2020); pertanto, il principio di non discriminazione sarebbe rispettato solo qualora esista una «causa normativa» della differenziazione, che sia «giustificata da una ragionevole correlazione tra la condizione cui è subordinata l’attribuzione del beneficio e gli altri peculiari requisiti che ne condizionano il riconoscimento e ne definiscono la ratio».

Ad avviso del rimettente, la innovativa differenziazione introdotta dall’art. 76 cod. terzo settore tra le ODV e le onlus, oltre ad alterare in maniera sostanziale la precedente disciplina in materia, non potrebbe essere ritenuta ragionevole sulla base dei due profili distintivi invece ravvisati dall’appellata sentenza del TAR Lazio.

Il primo sarebbe relativo al diverso rilievo del lavoro dipendente nell’una e nell’altra categoria potendo, da un lato, le ODV assumere lavoratori dipendenti, ma senza «superare il numero complessivo dei volontari», e, dall’altro, gli enti aventi forma diversa «avvalersi di volontari», ma senza eccedere il numero dei dipendenti.

Al riguardo, il Consiglio di Stato rileva anzitutto che la presenza di lavoratori dipendenti in entrambi i tipi di enti non si porrebbe in termini di alternatività e di contrapposizione poiché, invece, la relativa disciplina evidenzierebbe il forte avvicinamento tra tali enti, tanto da darsi in concreto il caso «di ODV e ONLUS con l’identica struttura organizzativa costituita da metà lavoratori dipendenti e metà operatori volontari».

Inoltre, sebbene la presenza di lavoratori dipendenti nell’organizzazione dell’ente possa giustificare «discipline differenziate riferite a quello specifico aspetto (quali agevolazioni previdenziali, assicurative, retributive)», essa «appar[irebbe] del tutto neutrale rispetto all’acquisto di beni strumentali allo svolgimento dell’attività di utilità sociale dell’ente».

Anche il secondo argomento svolto dal TAR Lazio – relativo alla previsione di interventi dell’autorità amministrativa sul funzionamento interno delle fondazioni, indice del «particolare regime giuridico» per esse previsto – non sarebbe persuasivo. Ad avviso del rimettente, per un verso, esso non varrebbe per gli altri ETS parimenti esclusi dall’art. 76 cod. terzo settore; per altro verso, sfuggirebbe la connessione tra il regime dei controlli e della vigilanza cui sono sottoposte le fondazioni e l’esclusione dal beneficio per l’acquisto di ambulanze.

1.2.2.– Il Consiglio di Stato richiama inoltre due pronunce di questa Corte aventi ad oggetto disposizioni regionali in tema di ETS.

Con la sentenza n. 277 del 2019 sarebbe stata dichiarata l’illegittimità costituzionale di una previsione regionale che limitava alle sole ODV la legittimazione a essere parti di accordi di collaborazione con enti pubblici e la facoltà di concorrere all’erogazione di servizi in materia di tutela degli animali, ravvisandovi una discriminazione degli altri ETS non giustificabile sullo status giuridico di dette organizzazioni.

Nella successiva sentenza n. 27 del 2020, questa Corte avrebbe escluso il contrasto con l’art. 3 Cost. di una norma regionale che delimita i soggetti destinatari di specifici contributi riferendosi alle associazioni iscritte nel registro regionale del volontariato o in quello della promozione sociale, affermando che tra i destinatari della stessa sarebbero ricomprese anche le associazioni iscritte nel registro nazionale, dotate di articolazioni locali o circoli affiliati nel territorio regionale; la delimitazione territoriale non sarebbe pertanto irragionevole, in quanto valorizzerebbe la specifica esperienza maturata nel contesto locale di riferimento.

Conclude il rimettente rilevando che nel caso in esame, invece, non sarebbe possibile estendere in via interpretativa la platea dei destinatari, né emergerebbero «specifiche ragioni che giustifichino la preferenza accordata dal legislatore statale a determinate categorie di enti».

1.2.3.– Gli argomenti esposti sostanzierebbero la violazione dei principi di ragionevolezza ed eguaglianza di cui all’art. 3 Cost.

Inoltre, poiché la norma censurata incentiverebbe gli acquisti di strumenti per l’attività economica correlata al perseguimento delle finalità di utilità sociale degli ETS in ambito sanitario, il predetto parametro andrebbe «integrato con il sintetico richiamo agli articoli 2 (nella parte in cui tutela i diritti della persona nell’ambito delle formazioni sociali), 4 (nella parte in cui protegge il lavoro), 9 (per la promozione della ricerca tecnica), 18 (per la garanzia dell’associazionismo, in qualsiasi forma giuridica) e 118, comma quarto (per l’affermazione del principio di sussidiarietà orizzontale)» Cost.; l’art. 76 cod. terzo settore violerebbe dunque anche tali parametri costituzionali.

1.2.4.– Con una ulteriore censura, il rimettente Consiglio di Stato ritiene che l’art. 76 cod. terzo settore non rispetterebbe i criteri di delega contenuti nella legge 6 giugno 2016, n. 106 (Delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale), in particolare negli artt. 1, comma 2, lettera b), e 4, comma 1, lettera b); per l’effetto, sarebbe violato l’art. 76 Cost.

La seconda delle richiamate previsioni della legge delega richiederebbe infatti di «individuare le attività di interesse generale che caratterizzano gli enti del Terzo settore, il cui svolgimento, in coerenza con le previsioni statutarie e attraverso modalità che prevedano le più ampie condizioni di accesso da parte dei soggetti beneficiari, costituisce requisito per l’accesso alle agevolazioni previste dalla normativa e che sono soggette alle verifiche di cui alla lettera i)».

Il rimettente evidenzia che il citato criterio non ammetterebbe «differenziazioni collegate alla diversa natura soggettiva dell’ente», invece introdotte dal censurato art. 76.

Aggiunge poi che, alla luce del richiamo da parte dello specifico criterio di delega alla legislazione previgente, fra cui il d.lgs. n. 460 del 1997, «che prevedeva le agevolazioni per l’acquisto di autoambulanze anche in favore delle ONLUS», il legislatore delegato, nel riordinare e razionalizzare i benefici economici già esistenti, «non avrebbe potuto prevedere la radicale e generalizzata esclusione dal contributo di intere categorie di enti quali le ONLUS».

Anche sotto questo secondo profilo sussisterebbe quindi una violazione dell’evocato art. 76 Cost.

2.– È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha chiesto di dichiarare inammissibili e comunque non fondate le questioni sollevate.

2.1.– Sarebbero anzitutto inammissibili le questioni riferite «agli articoli 2, 4, 9 e 118 Cost. per assoluta mancanza di motivazione».

2.2.– Andrebbe invece ritenuta non fondata la questione sollevata in riferimento all’art. 3 Cost., «in quanto il diverso trattamento riservato dal legislatore alle ODV appar[irebbe] del tutto giustificato, e pertanto non discriminatorio, in considerazione del peculiare regime giuridico delle stesse».

Ad avviso dell’Avvocatura generale, nell’attività di riordino e revisione organica della materia realizzata con il cod. terzo settore, il legislatore avrebbe introdotto disposizioni comuni ai vari ETS e, nello stesso tempo, avrebbe voluto «salvaguardare anche le particolari specificità di ognuno prevedendo interventi a volte diversificati», ivi inclusi quelli di sostegno finanziario. In questo contesto si giustificherebbero le disposizioni del citato codice che mantengono dei benefici nei confronti di alcune categorie di enti, quali le ODV e le associazioni di promozione sociale, «in ragione della loro struttura e soprattutto della prevalente componente volontaristica che li caratterizza».

Le ODV, infatti, si distinguerebbero dagli altri ETS per due tratti peculiari: in primo luogo, le modalità del perseguimento delle finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale che, per esse, avverrebbe attraverso l’erogazione gratuita di beni e servizi, a fronte della quale potrebbero «ricevere esclusivamente il rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate»; in secondo luogo, la prevalenza, nello svolgimento dell’attività di interesse generale che costituisce l’oggetto sociale dell’ente, delle prestazioni dei volontari associati all’organizzazione medesima.

Pertanto, insieme ad altre disposizioni – sono richiamati gli artt. 56, comma 1, 72 e da 83 a 86 cod. terzo settore – anche il censurato art. 76 si inserirebbe nel particolare regime descritto, «non per creare disparità di trattamento nei confronti dei vari soggetti appartenenti agli enti del terzo settore ma per riconoscere le peculiarità degli stessi nell’ambito di norme generali comuni». Infatti, a differenziare le ODV anche rispetto alle altre associazioni senza scopo di lucro varrebbe l’esclusiva finalità solidaristica e la gratuità delle prestazioni volontarie degli associati.

Nella specie si sarebbe «completamente al di fuori di un mercato di tipo economico governato dalle norme sulla concorrenza» e di conseguenza i contributi sarebbero concessi per acquistare beni necessari all’esercizio di attività di utilità sociale, per lo svolgimento delle quali le ODV potrebbero ricevere esclusivamente il rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate, «con esclusione, pertanto, di qualsiasi attribuzione a titolo di maggiorazione, mark up, ricarico o simili». Tale profilo costituirebbe, ad avviso dell’Avvocatura, un significativo elemento di esclusione delle cooperative sociali dal novero dei soggetti considerati dall’art. 76 cod. terzo settore, poiché, collocandosi esse sul mercato, l’eventuale accesso al contributo in parola «potrebbe avere un effetto distorsivo sui principi comunitari di tutela della concorrenza».

D’altro canto, le «premialità riconosciute» alle ODV avrebbero come «contraltare l’osservanza di regole particolarmente stringenti riferite alla composizione della base associativa-sociale, agli organi sociali, e alle modalità di impiego delle risorse umane e finanziarie».

Considerando il profilo del rapporto tra dipendenti e volontari, la difesa statale osserva che se tutti gli ETS possono avvalersi di volontari, solo nelle ODV tale apporto sarebbe così qualificante da dovere essere prevalente, come richiesto dall’art. 32 cod. terzo settore, e che, in forza del successivo art. 33, comma 1, «[i]n ogni caso, il numero dei lavoratori impiegati nell’attività non può essere superiore al cinquanta per cento del numero dei volontari».

Ulteriori limiti, propri delle sole ODV, riguarderebbero la gratuità delle cariche sociali – ai sensi dell’art. 34, comma 2, cod. terzo settore, ad eccezione degli organi di controllo – e l’acquisizione delle risorse finanziarie, potendo esse ricevere per le attività di interesse generale prestate esclusivamente il rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate, come previsto dall’art. 33, comma 3, cod. terzo settore.

In conclusione, anche richiamando una pronuncia dello stesso Consiglio di Stato su una questione simile (sezione terza, sentenza 17 febbraio 2020, n. 1208), l’Avvocatura esclude che l’art. 76 cod. terzo settore abbia un contenuto irragionevole o discriminatorio, poiché il legislatore non avrebbe introdotto ingiustificate disparità di trattamento tra enti operanti nel medesimo ambito di utilità sociale ma, al contrario, promuoverebbe e sosterrebbe «una categoria giuridica che per struttura e componente volontaristica è unica nel panorama degli enti del Terzo settore». In altri termini, la delimitazione soggettiva prevista dal citato art. 76 assolverebbe a una «funzione compensativa dei vincoli prescritti per le ODV»; non sarebbero pertanto conferenti i richiami del giudice a quo alle due sentenze di questa Corte.

2.3.– Infine, la difesa statale ritiene non fondata anche la censura mossa in riferimento all’art. 76 Cost., alla luce della giurisprudenza costituzionale che identificherebbe il contenuto della delega tenendo conto del complesso contesto normativo nel quale si inseriscono la legge delega e i relativi principi.

Al riguardo, segnala che la stessa legge delega n. 106 del 2016 includerebbe previsioni di favore a tutela della specificità delle ODV: da un lato, l’art. 5, comma 1, lettera a), che, nel contesto dell’armonizzazione e coordinamento delle diverse discipline vigenti in materia di volontariato e di promozione sociale, chiederebbe di «riconosce[re] e favor[ire], all’interno del Terzo settore, le tutele dello status di volontario e la specificità delle organizzazioni di volontariato di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266, e di quelle operanti nella protezione civile». Dall’altro, l’art. 9, comma 1, lettera m), che farebbe salve «le condizioni di maggior favore relative alle organizzazioni di volontariato».

3.– Si è costituita in giudizio la Fondazione Catis, chiedendo di dichiarare l’illegittimità costituzionale della norma censurata, negli stessi termini di cui all’ordinanza di rimessione.

La parte premette di essere una fondazione di partecipazione, senza scopo di lucro, e di operare negli ambiti della pubblica assistenza sanitaria, dell’emergenza extraospedaliera e della mobilità di infermi, svolgendo da anni il servizio di soccorso con autoambulanze; a tale titolo ha sempre richiesto e ottenuto il contributo previsto dall’art. 96, comma 1, della legge n. 342 del 2000 per l’acquisto di tali mezzi. A seguito dell’entrata in vigore dell’art. 76 cod. terzo settore e dell’adozione sia del d.m. 16 novembre 2017, sia dei successivi provvedimenti attuativi, ha introdotto il giudizio innanzi al TAR Lazio e poi appellato la sentenza che ha rigettato in parte il ricorso.

Ad avviso della Fondazione Catis, la norma censurata, escludendo dall’accesso al contributo tutte le onlus, ossia organizzazioni che pure opererebbero su sostanziale base volontaria e senza finalità di lucro, avrebbe ingiustificatamente vanificato il principio alla base della previgente normativa, che lo destinava invece, a prescindere dalla forma giuridica utilizzata, a tutti i soggetti che svolgessero la propria attività a titolo gratuito e per finalità di utilità generale. Alla luce di tale denominatore comune di tutti i soggetti riconducibili al Terzo settore, la riserva dei contributi alle sole ODV violerebbe l’art. 3 Cost., tanto più «perché del tutto immotivata, e correlata solo alla formale distinzione tra Enti».

Il censurato art. 76 contrasterebbe anche con la ratio e la finalità complessiva della riforma, volta ad armonizzare la disciplina di tutti i soggetti operanti nel Terzo settore. Infatti, mentre l’art. 4 cod. terzo settore, riconducendo «sotto la nozione unificante» di ETS una serie di soggetti, avrebbe «evidentemente quanto indiscutibilmente voluto equipararne lo status giuridico», la norma censurata avrebbe ritenuto «esattamente il contrario» in ordine alla legittimazione a richiedere il contributo in esame.

Sarebbe perciò «a dir poco singolare» che, mentre nel previgente variegato sistema il contributo veniva erogato anche alle onlus, oggi, nonostante l’ottica «della massima armonizzazione» tra gli ETS, sia stata introdotta una differenziazione in precedenza inesistente.

4.– Con ordinanza n. 14 del 2022, questa Corte ha dichiarato l’inammissibilità dell’intervento spiegato da dieci comitati dell’Associazione della Croce Rossa Italiana.

5.– Con decreto del Presidente del 17 gennaio 2022 è stata ammessa l’opinione scritta presentata dall’Associazione della Croce Rossa Italiana, ai sensi dell’art. 4-ter delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, ratione temporis applicabile.

L’amicus curiae ritiene che la questione sollevata in riferimento all’art. 3 Cost. sia «frutto di una concezione del tutto astratta degli Enti di Terzo Settore della cui comparazione si tratta», alla luce del «divario non colmabile» che intercorrerebbe tra le ODV e gli altri ETS, quanto ai modi concreti di operare. I secondi, infatti, quando non organizzati su base volontaristica, ben potrebbero remunerare secondo criteri imprenditoriali tanto il personale, quanto i mezzi materiali impiegati, laddove, invece, l’art. 33, comma 3, cod. terzo settore imporrebbe alle ODV di ricevere, per l’attività prestata, «soltanto il rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate».

Tale «differenza di regime giuridico dal carattere decisivo» sarebbe stata trascurata dal rimettente, che avrebbe operato una equiparazione tra le ODV e gli altri ETS per la ragione «puramente formale» della possibilità, per le prime, di avvalersi anche di lavoratori dipendenti e, per i secondi, anche di volontari, così obliterando la «distanza concettuale» che intercorrerebbe tra la mera facoltà, per gli ETS, di avvalersi di volontari, e l’obbligo di operare prevalentemente con l’apporto di volontari, che graverebbe soltanto sulle ODV.

Inoltre, il carattere prevalentemente volontario del servizio reso dalle ODV starebbe «alla base [anche] della disciplina speciale – e derogatoria del principio di concorrenza – dettata» dal cod. terzo settore a favore delle ODV negli artt. 56 e 57, in ordine, rispettivamente, all’affidamento loro riservato di «attività o servizi sociali di interesse generale, se più favorevoli rispetto al ricorso al mercato» e, in via prioritaria, del «servizio di trasporto sanitario di emergenza e urgenza», per il quale risulterebbero necessari gli acquisti considerati dalla norma censurata.

Dalla regola prevista per tali convenzionamenti, in base alla quale le ODV potrebbero ricevere esclusivamente il rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate per i servizi resi – che, invece, gli altri ETS renderebbero «in termini schiettamente professionali» – l’amicus ricava una ulteriore conferma della irriducibilità del rispettivo regime giuridico.

Infine, non fondata sarebbe anche la questione riferita all’art. 76 Cost. Al riguardo, l’opinione ritiene che il criterio direttivo di cui all’art. 4, comma 1, lettera b), della legge n. 106 del 2016 – nella parte in cui chiede di individuare le attività di interesse generale che caratterizzano gli ETS, il cui svolgimento «costituisce requisito per l’accesso alle agevolazioni previste dalla normativa» – non imporrebbe di individuare le attività che «caratterizzano tutti» gli ETS, «ben potendo alcune di tali attività per il modo dello svolgimento risultare pertinenti in modo specifico ad alcuni di essi».

6.– Con memoria tempestivamente depositata la Fondazione Catis rimarca che le peculiarità strutturali delle ODV non potrebbero giustificare il criterio che consente loro di usufruire in via esclusiva di un incentivo di carattere generale, «tanto più che esso [sarebbe] strettamente funzionale al raggiungimento di uno scopo che rientra tra quelli perseguibili da tutti gli ETS».

Considerato in diritto

1.– Con ordinanza del 9 novembre 2020 (reg. ord. n. 69 del 2021), il Consiglio di Stato, sezione terza, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 76 del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, recante «Codice del Terzo settore, a norma dell’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106», in riferimento complessivamente agli artt. 2, 3, 4, 9, 18, 76 e 118, quarto comma, della Costituzione, nella parte in cui riserva alle organizzazioni di volontariato (d’ora in avanti: ODV) i contributi per l’acquisto di autoambulanze, di autoveicoli per attività sanitarie e di beni strumentali, escludendo gli altri enti del Terzo settore (d’ora in avanti: ETS) svolgenti le medesime attività di interesse generale.

Il Consiglio di Stato è chiamato a decidere l’appello proposto dalla Fondazione Catis, attiva nel settore del soccorso con autoambulanze, nei confronti della sentenza che ha parzialmente rigettato il ricorso avverso sia il decreto ministeriale recante le modalità di attuazione delle disposizioni del censurato art. 76, sia le linee guida del procedimento per l’erogazione dei contributi da questo previsti con riferimento all’annualità 2017; gli atti impugnati l’avrebbero infatti esclusa, al pari degli altri ETS non aventi la struttura tipica delle ODV, dalle provvidenze economiche per l’acquisto di autoambulanze e di beni strumentali da adibire all’attività istituzionale.

Il rimettente ritiene le questioni rilevanti poiché, da un lato, l’appello della Fondazione ripropone le censure di illegittimità costituzionale dell’art. 76 cod. terzo settore, rigettate dal giudice di primo grado, e, dall’altro, tale disposizione rappresenterebbe l’unica base giuridica dei provvedimenti oggetto del giudizio.

1.1.– Ad avviso del giudice a quo, il citato art. 76, riservando il contributo per l’acquisto di autoambulanze solo alle ODV, avrebbe alterato in maniera sostanziale la precedente disciplina in materia, contestualmente sostituita, dal momento che un contributo simile era stato introdotto già dall’art. 96, comma 1, della legge 21 novembre 2000, n. 342 (Misure in materia fiscale), che lo riconosceva però tanto in favore delle ODV, quanto delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (onlus).

La norma censurata esprimerebbe dunque una scelta di favore per le ODV, che tuttavia il rimettente considera non rispettosa del canone di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost., non rilevando in senso contrario che, come affermato dalla sentenza appellata, il numero dei volontari in tale categoria di ente deve essere superiore a quello dei lavoratori dipendenti, laddove le fondazioni e gli altri ETS potrebbero avvalersi di volontari, ma senza che questi superino il numero dei dipendenti.

Secondo il Consiglio di Stato, infatti, la presenza di lavoratori dipendenti non si porrebbe in termini di alternatività e di contrapposizione poiché, invece, la relativa disciplina contenuta nel cod. terzo settore evidenzierebbe il forte avvicinamento tra tali enti, tanto da darsi in concreto il caso «di ODV e ONLUS con l’identica struttura organizzativa costituita da metà lavoratori dipendenti e metà operatori volontari».

Inoltre, mentre la presenza di lavoratori dipendenti nell’organizzazione dell’ente potrebbe giustificare «discipline differenziate riferite a quello specifico aspetto (quali agevolazioni previdenziali, assicurative, retributive)», essa «appar[irebbe] del tutto neutrale rispetto all’acquisto di beni strumentali allo svolgimento dell’attività di utilità sociale dell’ente».

In ogni caso, il rimettente richiama l’orientamento di questa Corte, espresso in particolare nella sentenza n. 277 del 2019, che escluderebbe la possibilità di differenziare il trattamento degli ETS sulla base dello status giuridico di dette organizzazioni.

1.2.– L’ordinanza aggiunge che in considerazione della connessione tra la descritta censura di irragionevolezza e l’«ambito sanitario», nel quale si collocherebbe la norma che dispone il beneficio, il riferimento al parametro di cui all’art. 3 Cost. andrebbe integrato «con il sintetico richiamo agli articoli 2 (nella parte in cui tutela i diritti della persona nell’ambito delle formazioni sociali), 4 (nella parte in cui protegge il lavoro), 9 (per la promozione della ricerca tecnica), 18 (per la garanzia dell’associazionismo, in qualsiasi forma giuridica) e 118, comma quarto (per l’affermazione del principio di sussidiarietà orizzontale)» Cost.; l’art. 76 cod. terzo settore violerebbe dunque anche tali parametri costituzionali.

1.3.– Infine, con una ulteriore censura, il giudice a quo lamenta che il citato art. 76 non rispetterebbe i principi e i criteri direttivi contenuti nella legge 6 giugno 2016, n. 106 (Delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale), in particolare negli artt. 1, comma 2, lettera b), e 4, comma 1, lettera b); per l’effetto, sarebbe violato l’art. 76 Cost.

Il criterio direttivo di cui alla seconda delle richiamate previsioni della legge delega – richiedendo di «individuare le attività di interesse generale che caratterizzano gli enti del Terzo settore, il cui svolgimento […] costituisce requisito per l’accesso alle agevolazioni previste dalla normativa […]» – non ammetterebbe «differenziazioni collegate alla diversa natura soggettiva dell’ente», invece introdotte dal censurato art. 76.

L’ordinanza afferma, da ultimo, che lo stesso criterio di delega «richiam[erebbe] puntualmente la legislazione previgente, fra cui il decreto n. 460/1997, che prevedeva le agevolazioni per l’acquisto di autoambulanze anche in favore delle ONLUS»; il riordino e la razionalizzazione dei benefici economici già esistenti, «pertanto, non avrebbe potuto prevedere la radicale e generalizzata esclusione dal contributo di intere categorie di enti quali le ONLUS».

2.– In via preliminare, è fondata l’eccezione di inammissibilità proposta dal Presidente del Consiglio dei ministri, per genericità delle censure in riferimento agli artt. 2, 4, 9, 18 e 118, quarto comma, Cost.

L’ordinanza di rimessione si limita infatti a richiamare in via cumulativa i parametri indicati, i quali integrerebbero il parametro di cui all’art. 3 Cost. per il solo fatto che gli incentivi previsti dalla norma censurata afferirebbero all’«ambito sanitario»; affermazione, quest’ultima, insieme generica e insufficiente a motivare le ragioni dell’asserito contrasto con ciascuna delle dette previsioni costituzionali (ex plurimis, sentenze n. 181 e n. 87 del 2021; ordinanza n. 159 del 2021).

Le questioni così sollevate sono dunque inammissibili.

3.– Nell’esame del merito va trattata per prima la questione che lamenta la violazione dell’art. 76 Cost., in relazione a due principi e criteri direttivi della legge n. 106 del 2016 che ha delegato al Governo l’adozione del cod. terzo settore. Si tratta, infatti, di una censura «logicamente prioritaria, poiché incidente sul piano delle fonti» (sentenza n. 142 del 2020).

Tale questione non è fondata.

Il rimettente richiama a sostegno della censura essenzialmente il criterio direttivo di cui all’art. 4, comma 1, lettera b), della legge citata, ma questo è rivolto in via principale a orientare il legislatore delegato nell’individuazione delle attività di interesse generale e solo in via mediata coinvolge le disposizioni agevolative.

Inoltre, lo stesso collegamento che pur indirettamente si stabilisce tra le prime e le seconde va in ogni caso letto nel contesto sistematico della stessa legge delega, dove altri principi e criteri direttivi ben ammettono margini di differenziazione tra i diversi tipi di ETS.

A questo riguardo, infatti, da un lato, l’art. 5, comma 1, lettera a), prevede che vengano riconosciute e favorite «all’interno del Terzo settore, le tutele dello status di volontario e la specificità delle organizzazioni di volontariato di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266, e di quelle operanti nella protezione civile»; dall’altro, l’art. 9, comma 1, lettera m), relativo alla revisione della disciplina riguardante le onlus, richiede che siano «fatte salve le condizioni di maggior favore relative alle organizzazioni di volontariato».

Entrambi i richiamati criteri direttivi, che concorrono a «individuare la ratio della delega» (sentenza n. 142 del 2020), consentono di concludere per la non fondatezza della censura del rimettente, poiché il legislatore delegato, limitando, nell’art. 76 cod. terzo settore, il “contributo ambulanze” alle sole ODV, ha inteso riferirsi alla specificità di questi enti e salvaguardare la previsione di maggior favore a loro comunque riconosciuta dalla omologa misura che era già prevista dall’art. 96, comma 1, della legge n. 342 del 2000.

4.– Neppure la questione di legittimità costituzionale dell’art. 76 cod. terzo settore, sollevata in riferimento all’art. 3 Cost., è fondata.

Occorre premettere che il cod. terzo settore ha introdotto una definizione unitaria di ETS: tale qualifica, infatti, è riservata ai soli enti iscritti nel registro unico nazionale del Terzo settore, destinatari di uno specifico sistema di favor e oneri, diverso da quello di tutti gli altri enti che pur svolgono attività di interesse generale (sentenza n. 131 del 2020).

Questo insieme è «definito dall’art. 4 CTS, in forza del quale costituiscono il Terzo settore gli enti che rientrano in specifiche forme organizzative tipizzate (le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale, gli enti filantropici, le società di mutuo soccorso, le reti associative, le imprese sociali e le cooperative sociali) e gli altri enti “atipici” (le associazioni riconosciute o non riconosciute, le fondazioni e gli altri enti di diritto privato diversi dalle società) che perseguono, “senza scopo di lucro, […] finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento, in via esclusiva o principale, di una o più attività di interesse generale in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi”, e che risultano “iscritti nel registro unico nazionale del Terzo settore”» (sentenza n. 131 del 2020).

In questi termini, il cod. terzo settore ha svolto senz’altro una funzione unificante, diretta a ordinare e a riportare a coerenza la disciplina degli ETS, superando le precedenti frammentazioni e sovrapposizioni.

Tuttavia ciò non si è risolto in una indistinta omologazione di tutti gli ETS. All’interno del perimetro legale di questa definizione, infatti, sono rimaste in vita specifiche e diverse caratterizzazioni dei modelli organizzativi, al punto che sono gli enti nella loro autonomia a individuare, variandola se necessario, quella che meglio consente, secondo la storia e l’identità di ciascuno, il raggiungimento dei propri fini istituzionali.

Permangono, inoltre, anche differenziazioni nei regimi di sostegno pubblico che si giustificano in ragione di diversi fattori, tra cui anche quello della specifica dimensione che assume, strutturalmente, l’apporto della componente volontaria all’interno dei suddetti enti.

5.– In particolare, i tratti caratterizzanti del sistema degli ETS sono il perseguimento del bene comune (art. 1), lo svolgimento di attività di interesse generale (art. 5) senza perseguire finalità lucrative soggettive (art. 8), la soggezione a un sistema pubblicistico di registrazione (art. 11) e a rigorosi controlli (artt. da 90 a 97).

Ciò radica tale sistema in una dimensione che attiene ai principi fondamentali della nostra Costituzione, in quanto espressione di un pluralismo sociale rivolto a perseguire la solidarietà che l’art. 2 Cost. pone «tra i valori fondanti dell’ordinamento giuridico» (sentenza n. 75 del 1992) e a concorrere all’«eguaglianza sostanziale che consente lo sviluppo della personalità, cui si riferisce il secondo comma dell’art. 3 della Costituzione» (sentenza n. 500 del 1993).

Proprio in quanto tale, questo sistema è valorizzato ai sensi del principio di sussidiarietà orizzontale di cui all’art. 118, quarto comma, Cost., fino a dar vita, nell’art. 55 cod. terzo settore, a un modello di «amministrazione condivisa» tra gli ETS e le pubbliche amministrazioni (sentenza n. 131 del 2020).

In questi termini, poiché l’attività di interesse generale svolta senza fini di lucro da tali enti realizza anche una forma nuova e indiretta di concorso alla spesa pubblica (ciò che deriva dal necessario reinvestimento degli utili in attività orientate a una funzione sociale), il Titolo X (Regime fiscale degli enti del terzo settore) del cod. terzo settore prevede misure di agevolazione fiscale che, sebbene con rilevanti diversità quanto a intensità, forme e modi, interessano però, in ogni caso, tutti gli ETS, comprese le imprese sociali – anche se per queste ultime le misure più consistenti sono previste nel decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 112, recante «Revisione della disciplina in materia di impresa sociale, a norma dell’articolo 1, comma 2, lettera c) della legge 6 giugno 2016, n. 106», specificamente concernente il loro status –.

L’esigenza di una disciplina unitaria diviene invece recessiva nella disciplina del Capo IV (Delle risorse finanziarie) del Titolo VIII (Della promozione e del sostegno degli Enti del Terzo Settore), che, anche razionalizzando forme di finanziamento preesistenti, identifica un ambito dove è prevalente l’elemento attinente alla tipologia organizzativa, al punto che la normativa in oggetto non riferisce alle imprese sociali alcuna forma di contributo statale diretto, riservandola esclusivamente ad altri ETS.

6.– Così avviene nella disposizione censurata che, in particolare, destina una quota delle risorse finanziarie previste dall’art. 73 cod. terzo settore per l’acquisto di autoambulanze, autoveicoli per attività sanitarie e beni strumentali al sostegno delle attività di interesse generale svolte dalle sole ODV.

Proprio su questa differenziazione si attesta la censura del giudice a quo, diretta a vedere ristabilita la prevalenza della disciplina unitaria e a contestare la ragionevolezza della suddetta limitazione a discapito degli altri ETS.

Nell’esame a cui la sollecita il rimettente, questa Corte è quindi chiamata a verificare se nella ratio della norma censurata siano ravvisabili elementi in grado di giustificare tale filtro selettivo.

7.– In questa prospettiva occorre innanzitutto rilevare che, in forza dell’art. 32, comma 1, cod. terzo settore, «[l]e organizzazioni di volontariato sono enti del Terzo settore costituiti […], per lo svolgimento prevalentemente in favore di terzi di una o più attività di cui all’articolo 5, avvalendosi in modo prevalente dell’attività di volontariato dei propri associati o delle persone aderenti agli enti associati».

Tale prevalenza dell’attività di volontariato assume un rilievo centrale, perché incide anche sul sistema di finanziamento, come del resto conferma l’art. 33, comma 3, cod. terzo settore, che vincola espressamente le ODV a ricevere, per l’attività di interesse generale prestata, «soltanto il rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate».

Si tratta, in realtà, di un vincolo in qualche modo collegato al principio generale secondo cui «[l]’attività del volontario non può essere retribuita in alcun modo nemmeno dal beneficiario. Al volontario possono essere rimborsate dall’ente del Terzo settore tramite il quale svolge l’attività soltanto le spese effettivamente sostenute e documentate per l’attività prestata, entro limiti massimi e alle condizioni preventivamente stabilite dall’ente medesimo. Sono in ogni caso vietati rimborsi spese di tipo forfetario» (art. 17, comma 3, cod. terzo settore).

In altri termini, la necessaria prevalenza della componente volontaristica nella struttura costitutiva delle ODV si associa al fatto che la disciplina dell’attività di interesse generale di tali enti è permeata da un vincolo particolarmente stringente anche in relazione al modo di svolgimento della stessa, preordinato a esaltare quella caratteristica di gratuità che connota l’attività del volontario.

Ciò non è «neutrale» come, invece, sostenuto dal rimettente, perché preclude alle ODV la possibilità di ottenere dallo svolgimento dell’attività di interesse generale margini positivi da destinare all’incremento dell’attività stessa (salvo che per le attività diverse di cui all’art. 6 cod. terzo settore, che però possono essere solo «secondarie e strumentali rispetto alle attività di interesse generale»), a differenza, in particolare, delle imprese sociali (qualifica che può essere ottenuta anche dalle fondazioni), che possono percepire forme di corrispettivo dai destinatari delle prestazioni rese.

Sussiste quindi una definita linea di demarcazione all’interno della pur unitaria categoria degli ETS: è ben vero che quelli che scelgono di svolgere attività economica – accettando i correlati vincoli, primo dei quali la rinuncia alla massimizzazione del profitto – possono essere considerati operatori di un “mercato qualificato”, quello della welfare society, distinto da quello che invece risponde al fine di lucro. Tuttavia, rimane fermo che tali soggetti hanno la possibilità di ricevere un corrispettivo per il servizio reso e quindi, anche in tal modo, procurarsi le risorse, cui fa riferimento la norma censurata, necessarie all’acquisto degli automezzi e dei beni strumentali al sostegno delle attività di interesse generale. Possibilità che invece è preclusa, come si è visto, alle ODV.

8.– Tali aspetti non sono, in realtà, ignorati dal rimettente che, tuttavia, li considera insufficienti a giustificare l’esclusione degli altri ETS, sull’assunto che di fatto anche questi potrebbero avere una «identica struttura […] costituita da metà lavoratori dipendenti e metà operatori volontari».

L’obiezione, però, in questi termini non è corretta, perché alle ODV è normativamente imposta, come scelta non derogabile, una specifica proporzione interna: l’art. 33, comma 1, cod. terzo settore, prescrive chiaramente – peraltro dopo aver stabilito che possono sì assumere lavoratori dipendenti, ma solo entro precisi limiti di carattere “qualitativo”, cioè «occorrenti a qualificare o specializzare l’attività svolta» – che «[i]n ogni caso, il numero dei lavoratori impiegati nell’attività non può essere superiore al cinquanta per cento del numero dei volontari».

Se quindi la regola generale è che tutti gli ETS «possono» avvalersi di volontari (art. 17, comma 1, cod. terzo settore), una regola specifica impone alle ODV di avvalersene «in modo prevalente» (art. 32, comma 1, cod. terzo settore). Nel caso delle imprese sociali, in particolare, la regola è oltretutto ribaltata, in quanto queste possono avvalersi di volontari, ma il numero degli stessi non può superare quello dei lavoratori (art. 13, comma 2, del d.lgs. n. 112 del 2017).

8.1.– Una prima ratio della norma censurata si rivela, quindi, quella di sostenere enti che non dispongono della possibilità di pattuire, per il servizio reso tramite l’attività di interesse generale, una remunerazione in grado di permettere l’acquisto o il rinnovo di automezzi e beni materiali strumentali.

Un’ulteriore ragione attiene poi alla centralità che il cod. terzo settore assegna alla figura del volontario.

Questo infatti è oggetto di una definizione positiva nell’art. 17, comma 2, dove si evidenzia che il volontario è «una persona che, per sua libera scelta, svolge attività in favore della comunità e del bene comune»; si prevede poi non solo che tutti «gli enti del Terzo settore possono avvalersi di volontari nello svolgimento delle proprie attività» (art. 17, comma 1), ma si attivano, altresì, strumenti per «promuovere e rafforzare la presenza ed il ruolo dei volontari negli enti del Terzo settore» (art. 63, comma 1); infine, si fa carico a tutte le «amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165» del compito di diffondere la «cultura del volontariato» (art. 19, comma 1).

La descritta valorizzazione del volontariato ha solide ragioni: questa Corte proprio in riferimento a tale forma di impegno civico ha affermato che la persona è «chiamata ad agire non per calcolo utilitaristico o per imposizione di un’autorità, ma per libera e spontanea espressione della profonda socialità che caratterizza la persona stessa» (sentenza n. 75 del 1992).

Si tratta della sottolineatura di un «modello fondamentale dell’azione positiva e responsabile dell’individuo» (sentenza n. 75 del 1992), che ha assunto carattere sistematico nella giurisprudenza di questa Corte, portando a evidenziare come all’origine dell’azione volontaria vi sia l’emergere della natura relazionale della persona umana che, nella ricerca di senso alla propria esistenza, si compie nell’apertura al bisogno dell’altro (sentenze n. 131 del 2020 e n. 228 del 2004).

In tal modo il volontariato costituisce una modalità fondamentale di partecipazione civica e di formazione del capitale sociale delle istituzioni democratiche, al punto che risulterebbe paradossale penalizzare proprio gli enti che strutturalmente sono caratterizzati in misura prevalente da volontari, a causa del limite del mero rimborso delle spese.

Non appare quindi irragionevole, né discriminatorio, che il contributo oggetto della norma censurata sia accessibile solo a ETS caratterizzati dal vincolo normativo alla prevalenza dei volontari e dal connesso principio di gratuità, con esclusione degli altri enti per i quali tale previsione non sussiste e che quindi possono pattuire remunerazioni con cui autonomamente finanziare l’acquisto o il rinnovo dei beni considerati nella norma censurata.

Il filtro selettivo stabilito da quest’ultima appare pertanto coerente, per i motivi illustrati, con la ratio della stessa.

9.– In questi termini, la norma in questione si distingue da quelle oggetto di precedenti giudizi di questa Corte, relativi a disposizioni regionali che ricollegavano strettamente contribuzioni e convenzioni pubbliche al profilo oggettivo di una specifica attività incentivata, al punto da rendere irragionevole la discriminazione tra gli ETS fondata esclusivamente sul dato formale dello «status giuridico» di dette organizzazioni (sentenze n. 52 del 2021 e n. 277 del 2019).

Nella previsione qui in esame, infatti, è la connotazione sostanziale a rendere ragione del contributo in questione, rivolto a enti in cui strutturalmente è prevalente la componente dei volontari e che, in forza della limitazione al rimborso delle spese, non potrebbero altrimenti reperire le risorse finanziarie necessarie all’acquisto o alla sostituzione degli automezzi e degli altri mezzi strumentali.

Rileva quindi, a differenza di quei precedenti, una giustificata connessione tra la specifica condizione che caratterizza tali soggetti e la ratio della misura di sostegno.

10.– Nel giungere a tale conclusione di non fondatezza della questione sollevata nell’odierno giudizio, tuttavia, questa Corte non può non segnalare al legislatore che anche altri ETS si trovano o si possono trovare in una condizione ragionevolmente assimilabile a quella delle ODV. In particolare, ciò vale per le associazioni di promozione sociale che, in forza dell’art. 35, comma 1, cod. terzo settore, condividono il medesimo requisito della necessaria prevalenza dell’operare volontario delle persone associate; difatti, nell’impianto sistematico del citato codice, proprio in virtù dell’esistenza del medesimo carattere strutturale, le ODV e le associazioni di promozione sociale vengono accomunate sul piano dell’accesso a specifici regimi, come, ad esempio, nell’art. 56, in relazione alle convenzioni; nell’art. 67, relativamente all’accesso al credito agevolato; nell’art. 68, in relazione ai crediti privilegiati; nell’art. 72, in riferimento al finanziamento di progetti.

Del resto, anche le recenti Linee guida sul rapporto tra pubbliche amministrazioni ed enti del Terzo settore negli artt. 55-57 del d.lgs. n. 117/2017 (codice del Terzo settore), approvate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 31 marzo 2021, n. 72, specificano che ODV e associazioni di promozione sociale, avvalendosi «prevalentemente dell’attività dei propri associati-volontari», esprimono «una connotazione di tipo solidaristico più marcata rispetto agli altri enti del Terzo settore».

Appare quindi auspicabile che il legislatore intervenga a rivedere in termini meno rigidi il filtro selettivo previsto dalla norma censurata in modo da permettere l’accesso alle relative risorse anche a tutti quegli ETS sulla cui azione – per disposizione normativa, come nel caso delle associazioni di promozione sociale, o per la concreta scelta organizzativa dell’ente di avvalersi di un significativo numero di volontari rispetto a quello dei dipendenti – maggiormente si riflette la portata generale dell’art. 17, comma 3, cod. terzo settore, per cui al volontario possono essere rimborsate «soltanto le spese effettivamente sostenute e documentate per l’attività prestata».

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 76 del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, recante «Codice del Terzo settore, a norma dell’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106», sollevate, in riferimento agli artt. 2, 4, 9, 18 e 118, quarto comma, della Costituzione, dal Consiglio di Stato, sezione terza, con l’ordinanza indicata in epigrafe;

2) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 76 del d.lgs. n. 117 del 2017, sollevata, in riferimento all’art. 76 Cost., dal Consiglio di Stato, sezione terza, con l’ordinanza indicata in epigrafe;

3) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 76 del d.lgs. n. 117 del 2017, sollevata, in riferimento all’art. 3 Cost., dal Consiglio di Stato, sezione terza, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 febbraio 2022.

F.to:

Giuliano AMATO, Presidente

Luca ANTONINI, Redattore

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria il 15 marzo 2022.